Torta di barbabietole rosse e cacao

Sono sempre di più alla ricerca di modi per alleggerire le preparazioni e ridurre il consumo di zuccheri, non solo quelli semplici ma anche i carboidrati complessi, soprattutto le farine raffinate. Non è cosa semplice se si acquistano prodotti industriali, mentre è più facile se si adotta l’autoproduzione ogni volta che se ne ha la possibilità, partendo da materie prime di qualità e di cui si conosce la provenienza. Nei piatti salati uso spesso le verdure amidacee (tuberi, radici e frutti amidacei), mentre nei dolci è più complicato. La soluzione più semplice sarebbe non farli ma a volte può capitare di avere voglia di una torta, del profumo che avvolge la casa mentre cuoce in forno, insomma non solo del dolce in sé ma di tutto il contorno racchiuso nella preparazione. Oppure quando si ricevono ospiti e non si ha voglia di preparare un dolce super alternativo perché c’è il sospetto che potrebbe essere accolto senza grande entusiasmo…

Qualche tempo fa ho letto in un blog molto ricco di spunti la ricetta di una torta che mi ha incuriosita per la presenza di zucchine tra gli ingredienti. Va bene per chi segue regimi senza latte e senza uova e credo si possa fare anche utilizzando solo farine senza glutine (o addirittura senza farina, ma servirebbe qualche altra modifica che sperimenterò) perché è un dolce poco lievitato, abbastanza compatto e umido. Ora però non è stagione di zucchine e quindi le ho sostituite con la stessa quantità di barbabietole rosse. Proverò la versione con le zucchine in estate.

Il risultato mi è piaciuto, sia per il sapore (nessuno direbbe che ci sono delle verdure, voi non anticipatelo a chi la assaggerà, ad alcune persone potrebbe sembrare una cosa piuttosto strana!) che per la consistenza. Ho modificato leggermente la ricetta originale, sostituendo per esempio il malto d’orzo con zucchero di canna integrale perché non uso sciroppi dolci di nessun genere, sono troppo concentrati, spesso manipolati e sottoposti ad alte temperature e a trattamenti che annullano i potenziali vantaggi che alcuni di essi potrebbero avere. Volendo in questa ricetta si può addirittura omettere l’aggiunta di qualsiasi zucchero perché i datteri e le barbabietole sono sufficienti a dolcificare la torta. Eventualmente si potrebbe aumentare la quantità di datteri. Se si usa un cacao di eccellente qualità, come suggerito dall’autrice della ricetta in versione originale, si può tralasciare il cioccolato fondente. Potete anche sostituire l’olio d’oliva con olio di cocco (di prima pressione estratto a freddo), che resiste bene al calore.

Ingredienti:

250 grammi di barbabietole rosse crude

150 grammi di datteri denocciolati

100 grammi di mandorle

100 grammi di farina di farro integrale

70 grammi di farina di avena integrale

50 grammi di farina di riso integrale

40 grammi di cioccolato fondente con almeno 70% di cacao

2 cucchiai di cacao crudo in polvere non zuccherato

1 cucchiaio di zucchero di canna integrale (o zucchero di cocco)

7 cucchiai di olio d’oliva extravergine

1 cucchiaino da caffè di scorza di arancia (o mandarino) in polvere

½ bustina di lievito in polvere senza fosfati

1 pizzico di sale

acqua q.b.

Reidratare i datteri in acqua pura per qualche ora o durante la notte. Tagliare le barbabietole a listarelle sottili. Riunire in una ciotola gli ingredienti secchi: le farine e il lievito dopo averli setacciati, il cacao, lo zucchero, la polvere di agrumi e il sale. Scolare i datteri e tenere da parte l’acqua di ammollo. Tritare e mescolare in un robot da cucina i datteri e le mandorle. Aggiungere le barbabietole e l’olio e azionare di nuovo il mixer. Trasferire il composto nella ciotola con gli ingredienti secchi. Aggiungere il cioccolato sminuzzato con un coltello e l’acqua di ammollo dei datteri. Se necessario aggiungere altra acqua. Mescolare con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un impasto che dovrà risultare morbido ma non liquido.

Versare in uno stampo rivestito di carta da forno (o imburrato) e cuocere a 170°C per circa 15 minuti. Abbassare la temperatura a 140°C e terminare la cottura. Nel complesso sono necessari circa 40 minuti di cottura (nel mio forno, ma dovrete adattare i tempi e la temperatura al vostro forno). Lasciare intiepidire la torta nel forno spento prima di estrarla.

Ho servito la torta con confettura di arance fatta in casa, al volo. Dopo avere cotto a fuoco lento 3 arance per circa 15 minuti in un pentolino con un po’ di acqua, ho aggiunto 1 cucchiaio di zucchero e frullato tutto. Io ho sbucciato le arance ma forse si potrebbe lasciare qualche scorzetta. Il gusto risulterà più amaro, che secondo me non guasta.

Crackers di quinoa e semi di lino

Ricordate i crackers ai semi di lino e germogli di quinoa ai quali ho accennato pochi giorni fa?

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Eccoli! Ok, ok, non sono belli e nemmeno regolari, ma sono gustosi e ideali da sgranocchiare con insalate, paté di verdure, zuppe, formaggi o quel che volete. Sono leggeri, friabili, molto digeribili e, particolare non trascurabile, sono vivi! Ho preso spunto da una ricetta che ho letto sulla pagina Facebook di Cibocrudo, con qualche modifica, per finire il fondo di una confezione di quinoa che continuava a guardarmi. :-) Se preferite potete sostituirla con semi di sesamo o di girasole (che andranno tritati).

Breve digressione sulla quinoa, che forse non tutti conoscono o hanno già provato. È uno pseudocereale appartenente alla famiglia delle Chenopdiacee, come gli spinaci e la barbabietola. Avendo un discreto contenuto di amido e di proteine è spesso utilizzata al posto di riso, farro, grano o altri farinacei. È originaria del Sud America e ampiamente coltivata in tutto l’altopiano andino. Tra i micronutrienti che contiene, sono presenti alcuni sali minerali (magnesio, sodio, fosforo, ferro e zinco), vitamine del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E. La quinoa è priva di glutine e quindi adatta a chi ne è intollerante. Si può usare in chicchi, cotti o crudi (germogliati, per accompagnare zuppe e insalate) o sotto forma di farina, per esempio da miscelare con altre farine nella preparazione di pane o dolci. Si usano in cucina anche le foglie, come se fossero spinaci, dei quali ricordano il sapore. La quinoa rappresenta l’alimento base per le popolazioni di Perù, Bolivia, Ecuador, perciò usiamola con parsimonia. :-)

Ingredienti:

½ tazza di semi di lino

1 tazza di acqua

½ tazza di quinoa

1 cipolla

1 carota

1 cucchiaino da caffè di gomasio (miscela di semi di sesamo 95% e sale marino integrale 5%)

olio extravergine di oliva q.b.

rosmarino

timo

Lasciate in ammollo per una notte i semi di lino con una tazza di acqua e la quinoa in abbondante acqua (in bottiglia o del rubinetto opportunamente filtrata). I semi di lino sono mucillaginosi e formeranno una sorta di gelatina. Per quanto riguarda la quinoa, già il mattino seguente troverete che sono spuntati dei piccoli germogli.

Trascorso il tempo dell’ammollo, sciacquate la quinoa e unitela ai semi di lino insieme al loro liquido gelatinoso. Aggiungete la cipolla e la carota tritate finemente, il gomasio e le erbe aromatiche.

Con un cucchiaio, stendete il composto su un foglio di carta da forno o su una larga teglia leggermente unta con olio extra vergine di oliva, in modo da ottenere uno spessore di circa 1 cm (asciugando lo spessore dell’impasto tenderà ad assottigliarsi).

A questo punto scegliete la modalità di “cottura” a bassa temperatura che desiderate: in un essiccatore (5-6 ore a 40°C), vicino ad un termosifone acceso (almeno 1 giorno) oppure al sole (per un tempo variabile in base alla temperatura), se avete la fortuna di trovarvi in un luogo caldo e soleggiato (che invidia se è così!). Quando l’impasto comincerà ad asciugarsi, formate con un coltello dei quadri o dei rettangoli delle dimensioni che desiderate.

Naturalmente, se avete fretta, c’è anche la possibilità di cuocerli in forno; il gusto sarà buono, forse migliore, ma con la cottura ad alta temperatura si perdono tanti nutrienti preziosi: alcune vitamine sono distrutte a partire dai 60°C; i sali minerali assumono uno stato meno facilmente assimilabile al di sopra degli 80°C; le proteine si denaturano; alcuni enzimi (che sono anch’essi proteine) si inattivano a temperature superiori ai 45°C; gli acidi grassi insaturi sono danneggiati… Non si tratta di diventare fanatici, ma quando si può è meglio privilegiare cotture dolci e brevi per limitare i danni.

Una volta pronti, staccate delicatamente i quadratini aiutandovi con una spatola. Sarà difficile che quest’operazione riesca perfettamente, senza sbriciolarli almeno un po’, ma anche le briciole sono buone… Io le conservo in un vasetto e le metto nelle zuppe. :-) A questo punto gustate finalmente i vostri crackers come preferite.

Potete variare le verdure, le erbe, aggiungere delle spezie (curry, curcuma o paprika, per esempio, ci stanno molto bene). Sperimentateli anche nella versione dolce, unendo alla base di semi e quinoa frutta grattugiata o a pezzetti, miele o zucchero di canna integrale. Otterrete dei simpatici “biscru” allegramente colorati e approvati anche dai bambini! ;-) Insomma, a voi di giocare con la fantasia. Unico inconveniente: bisogna avere un po’ di pazienza per aspettare che siano… cotti!

Auguro a tutti un Nuovo Anno luminoso, sereno e pieno di armonia. :-)

Crackers crudi e croccanti

Devo ammettere che amo moltissimo spalmare le mie creme di verdure sperimentali su qualcosa di friabile e croccante, qualcosa che assomigli ai crackers. Quelli che si trovano in commercio sono però ricchi di grassi saturi, farina e zucchero ultra raffinati e trasformati, nonostante l’apparente leggerezza con cui si presentano. Cosa possiamo fare quindi? Semplice, ce li prepariamo in casa partendo da materie prime di ottima qualità. Costano meno e soprattutto sappiamo cosa contengono e come sono stati lavorati. Non essendo necessaria la lievitazione, si possono usare le più svariate farine, anche (e preferibilmente a mio avviso) senza glutine e dare libero sfogo alla fantasia.

Per quanto riguarda la cottura ci sono varie opzioni. Per avere dei crackers che siano il più possibile “vivi” e nutrienti si possono cuocere al sole, su un termosifone o in un essiccatore, a bassa temperatura (40°C). Sono i tipi di cottura che preferisco perché mantengono intatte tutte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti. In questo modo si ottengono dei crackers friabili e croccanti ma crudi. A me piacciono molto. È necessaria solo un po’ di pazienza perché servono almeno 10-12 ore per farli asciugare completamente. In alternativa si possono cuocere nel forno tradizionale per circa 10 minuti o finché raggiungono la croccantezza desiderata.

Questa è la versione dei “crackers ai semini” che ho cotto al sole. È importante che tutti gli ingredienti derivino da agricoltura biologica o comunque non siano stati trattati. È un aspetto che amo sottolineare sempre, a costo di essere ripetitiva. :-)

Ingredienti:

3 cucchiai di semi di lino messi in ammollo in acqua

3 cucchiai di semi di girasole messi in ammollo in acqua

2 cucchiaia di fiocchi d’avena integrali messi in ammollo in acqua

3 cucchiai di semi di lino macinati

3 cucchiai di semi di girasole macinati

60 grammi di farina di castagne

50 grammi di farina di ceci

mezzo cucchiaino di sale marino integrale

acqua

erbe a piacere (timo, rosmarino, prezzemolo, coriandolo, erba cipollina, ecc.)

spezie a piacere (curry, curcuma, ecc.)

olio extravergine di oliva

Mettere due cucchiai di semi di lino e due cucchiai di semi di girasole in un vasetto di vetro. Coprirli con acqua e lasciarli riposare per una notte. Il giorno seguente, macinare con il macina caffè altri due cucchiai di semi di lino e due di semi di girasole. Mescolare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto morbido. Se risulta troppo “appiccicoso”, aggiungere un po’ di farina per riuscire a lavorarlo meglio. Stendere l’impasto sottile in una teglia unta di olio extravergine di oliva (o su un foglio di carta da forno) con l’aiuto di un cucchiaio o di una spatola. Con un coltello tagliare la sfoglia in tanti quadratini. Lasciare seccare al sole, su un termosifone o in un essiccatore per almeno 12-16 ore. Al sole può essere necessario più tempo se non è una giornata molto calda.

Prima della “cottura”…

E durante la “cottura” al sole…

Questa è invece una versione più tradizionale di crackers che ho cotto in forno per breve tempo. Ho preso spunto da una ricetta che ho letto qui, ma ho cambiato gli ingredienti. Ho utilizzato farina integrale di farro e farina di grano saraceno e ho omesso il formaggio.

Ingredienti:

100 grammi di farina di grano saraceno

50 grammi di farina integrale di farro

1 cucchiaino di bicarbonato di sodio

2 cucchiai scarsi di olio extravergine di oliva

mezzo cucchiaino di sale marino integrale

erbe e spezie a piacere

Mescolare tutti gli ingredienti con un po’ di acqua fino ad ottenere un impasto morbido ma consistente. Con l’aiuto di un mattarello, stenderlo su un foglio di carta da forno fino a renderlo il più sottile possibile. Disporre il “crackerone” in una teglia da forno e cuocerlo per circa dieci minuti. Una volta raffreddato, spezzarlo con le mani per ottenere crackers di varie forme e dimensioni. Io li conservo in barattoli di vetro lasciando il coperchio socchiuso. La prossima volta proverò ad utilizzare un mix di altre farine, per esempio di ceci, di quinoa, di amaranto, di castagne…

Entrambe le versioni si prestano per accompagnare insalate e/o per spalmarci sopra creme di verdura, di sesamo (tahin), paté di olive, di carciofi, di melanzane, di funghi… Mi è venuta una fame! :-)

Le gallette vive degli Esseni

Ho approfittato di questi giorni di fine estate e inizio autunno, ancora molto caldi, per provare a fare una cosa che avevo in mente da un po’ di tempo: il pane degli Esseni. Più che di pane si tratta di gallette e la loro particolarità è che non si cuociono in forno ma… al sole!

Premetto che adoro il pane in tutte le sue forme e lo mangerei con qualsiasi, ma proprio qualsiasi, cosa. Non esagero con la quantità perché, come tutti i prodotti a base di cereali cotti, contribuisce alla formazione di residui colloidali, che riducono la fluidità dei liquidi corporei. A volte lo preparo in casa, con farine di cereali integrali, coltivati con metodo biologico o, meglio ancora, biodinamico. Se mi capita (sempre più raramente a dire il vero) di acquistarlo, lo scelgo a lievitazione naturale, perché è molto più digeribile di quello prodotto con lievito di birra. Il mio preferito è scuro e arricchito di semini vari, frutti oleosi, frutta secca… e più ce n’è meglio è! In Svizzera si trova abbastanza facilmente questo genere di pane e spesso è di buona qualità.

Da quando m’interesso di naturopatia, presto ancora più attenzione al modo in cui cucino gli alimenti, soprattutto al tipo di cottura. Idealmente sarebbe bene consumare tutto crudo, per lasciare intatte le proprietà nutritive di proteine, zuccheri, grassi, vitamine, sali minerali ed enzimi. Tuttavia, mangiare crudo al 100% non è sempre facile, per varie ragioni: clima, lavoro, tradizioni, gusto e anche per l’aspetto sociale, di convivialità. Trovo molto salutare e piacevole l’abitudine franco-svizzera d’iniziare il pasto con un piatto di crudités, come dicono loro, cioè verdure crude tagliate à la julienne e condite, per esempio, con un semplice filo di olio d’oliva extravergine e tante erbe aromatiche (basilico, timo, rosmarino, erba cipollina, ecc.), che facilitano la digestione di quello che seguirà, crudo o cotto che sia. Può essere un buon inizio se si vuole fare la transizione verso un tipo di alimentazione che apporti maggiore vitalità.

Ma il pane, come si fa a non cuocerlo? Una soluzione c’è, è il pane degli Esseni, a base di cereali (ed eventualmente legumi) germogliati. Non contiene né farina né lievito. Pur avendone sentito parlare, devo confessare che non mi ha mai ispirata granché, forse perché amo così tanto il profumo della pagnotta calda e fragrante appena uscita dal forno! Alcuni giorni fa però, mi sono trovata nelle condizioni ideali per provare: sole, giornata piuttosto calda, abbondanza di chicchi germogliati di grano saraceno e ceci, pronti per essere usati. E quindi mi son detta ”Perché no? Proviamo ‘sto pane degli Esseni.” Il risultato mi ha piacevolmente sorpresa. Il sapore non ha ovviamente niente a che vedere con quello del classico pane, però è molto gradevole. Io lo trovo un ottimo e gustosissimo sostituto di crackers, fette biscottate, gallette, grissini e crostini vari, che spesso, nonostante l’apparente leggerezza, nascondono un vero e proprio concentrato di zuccheri raffinati e grassi saturi (oltre ad essere cibo morto).

Mi sono ispirata alla ricetta che ho letto su veganblog, con l’aggiunta di qualche modifica. Il procedimento è semplicissimo, ci vuole solo un po’ di pazienza per aspettare che le gallette cuociano al sole.

Ingredienti:

200 grammi di ceci secchi

200 grammi di grano saraceno in chicchi

4 cucchiai di fiocchi d’avena (non indispensabili)

olio extravergine di oliva

sale marino integrale

rosmarino

timo

erba cipollina

Ho usato tutti ingredienti biologici. Per fare germogliare cereali e legumi secchi, basta lasciarli in ammollo una notte e poi lavarli sotto l’acqua corrente mattino e sera nei giorni successivi, fino a quando compare il germoglio, evitando di esporli alla luce diretta del sole. A quel punto si possono conservare qualche giorno in frigorifero in un vasetto di vetro. Il tempo di germinazione varia da seme a seme. I fiocchi d’avena non sarebbero previsti. Li ho messi perché me li trovavo sempre davanti quando aprivo la dispensa e cercavo un modo per terminarli… Li potete omettere, oppure, se disponete di una fioccatrice, ottenere direttamente dai chicchi di cereali. Sono senz’altro più vivi di quelli che si comprano già imbustati!

In una ciotola ho messo i fiocchi coperti di acqua e li ho lasciati in ammollo qualche ora per farli ammorbidire e gonfiare bene. Ho frullato i germogli nel mixer insieme agli altri ingredienti, aggiungendo un po’ d’acqua per rendere l’impasto più morbido. Con l’aiuto di un cucchiaio ho formato delle palline, che ho poi appiattito con le mani su un piatto leggermente unto di olio extravergine d’oliva. Il composto che ho ottenuto era molto friabile e ho faticato un po’ a creare delle gallette dello stesso diametro. Magari con un po’ di pratica saranno più presentabili le prossime volte che le preparerò… :-) Ho dato loro una forma più o meno circolare, poi le ho esposte al sole ad essiccare e le ho dimenticate fino al tramonto.

Non sono molto belle da vedere, questo è vero, ma sono buone e stando al sole hanno assunto una consistenza leggermente croccante. A mio parere sono ideali per accompagnare insalate, al naturale o spalmate di formaggio fresco (come ricotta, caprini, ecc.), crema di olive, carciofi, pomodori secchi, hummus di ceci o lenticchie o tutto quello di cremoso che vi viene in mente. Sono molto digeribili perché il preliminare processo di germinazione comporta la predigestione dei chicchi. Dal punto di vista nutrizionale sono ricche di proteine, vitamine, sali minerali ed enzimi. L’alta temperatura della cottura in forno danneggerebbe, in parte o completamente, questi preziosi nutrienti, cosa che non avviene con la delicata cottura al sole. E quando il sole non c’è? In quel caso si possono “cuocere” accanto ad un termosifone oppure in un essiccatore per alimenti. Se ne trovano di tante forme e dimensioni a prezzi ragionevoli.

Bene, spero a questo punto che vi sia venuta un po’ di curiosità per provarle. Naturalmente si possono utilizzare altri cereali (avena, farro, orzo, segale, quinoa – la quinoa non è proprio un cereale, appartiene alla famiglia delle Chenopodiacee, che comprende anche spinaci e barbabietola. È una pianta fantastica e i chicchi germogliano in brevissimo tempo) e leguminose (lenticchie, fagioli, piselli). Io ho intenzione di sperimentare altre combinazioni. E poi ci si può sbizzarrire variando le erbe aromatiche, aggiungendo semi oleosi tritati finemente, che secondo me ci stanno benissimo, spezie. Oppure si possono fare dolci, con l’aggiunta di frutta secca, come uvetta, fichi, albicocche, prugne, datteri, insomma largo spazio alla fantasia. ;-)

Buona sperimentazione e a presto!

Frutta “a gogo” a colazione

Uno dei momenti che amo di più della giornata è quello della colazione. Appena apro gli occhi la mattina, già me la pregusto. Da sempre, fin da quando ero bambina, per me rappresenta un rituale magico al quale non potrei mai rinunciare. A quel tempo l’associavo al profumo del caffè e delle torte semplici ma deliziose che mia mamma era solita preparare nella nostra grande cucina, il suo regno, e che svegliavano con dolcezza tutto il resto della famiglia.

Anche se oggi le mie scelte alimentari e i miei gusti sono molto cambiati, di tanto in tanto mi piace ancora viverla così, con i sapori e le tradizioni di un tempo (sapori e profumi che hanno per me l’effetto della famosa Madeleine di Proust :-)), a condizione che siano a base d’ingredienti di ottima qualità, biologici, integrali e naturali.

Adoro svegliarmi presto la mattina, quando le luci e i rumori sono ancora lontani, tutt’intorno c’è calma, silenzio, il sole non è ancora sorto e ho tutto il tempo necessario per compiere i miei rituali prima di assaporare con tranquillità il magico momento, quello della colazione appunto. Così, con il sorriso e il buonumore, può iniziare una nuova giornata.

Se la colazione è importante sia da un punto di vista fisico che psicologico, c’è però da dire che c’è colazione e colazione. C’è quella che nutre senza appesantire e permette di arrivare all’ora di pranzo senza avvertire il ben noto “buco allo stomaco” e quella che, al contrario, sottrae energia, provocando una sensazione di fame, di stanchezza e di vuoto (più che vuoto a volte è una voragine!) prima ancora di arrivare al lavoro o, quando va meglio, alla pausa di metà mattina.

Per esempio, la classica colazione al bar con brioche e cappuccino dà l’impressione di soddisfazione e sazietà in un primo momento, ma in breve tempo (tipo mezz’ora o un’ora al massimo) lascia spazio ad un fastidioso languorino che si ha voglia di colmare con altri cibi dolci. L’effetto è ancora più intenso se il cornetto, anziché essere semplice e magari integrale, è arricchito dagli zuccheri ultra raffinati e manipolati di creme e marmellate industriali, che ben poco hanno a che vedere con i dolci semplici e genuini che preparavano in casa le nostre nonne e bisnonne. Quelli erano cucinati con farine di cereali antichi, naturalmente biologici perché non si conosceva altro (!), integrali, non geneticamente manipolati, né tristemente irradiati come quelli che abbondano oggi, uova fresche di galline libere, scorrazzanti e felici, frutta colta direttamente dagli alberi… e la lista potrebbe diventare mooolto lunga.

Difficilmente troviamo questa qualità e questa genuinità nei prodotti che acquistiamo già pronti, sia al bar che nei negozi di alimentari, anche quando ce li propongono caldi e fragranti come se fossero stati appena preparati e sfornati. Biscotti, merendine, torte, marmellate industriali, cereali soffiati, zuccheratissimi muesli e altre cose di questo genere, pullulano negli scaffali dei supermercati e riempiono le dispense di tante famiglie, perché rappresentano una soluzione facile, rapida e amata da grandi e piccoli. A quale prezzo però? A volte danno anche l’impressione di rappresentare una scelta “sana e salutare”, ma se solo si prendesse il tempo di leggere con attenzione la lista degli ingredienti che contengono (con tutte quelle E…) non ci vorrebbe molto a rendersi conto che quello che contengono è tutt’altro che salutare.

Tanto più farine e zuccheri sono raffinati, quanto più rapidamente entrano nel circolo sanguigno, provocando il rapido rilascio di insulina, un ormone prodotto da alcune cellule specializzate del pancreas che, una volta rilasciato, fa abbassare il livello degli zuccheri nel sangue. Da una condizione iniziale di iper-glicemia (alto livello di zuccheri nel sangue) si passa velocemente ad uno stato di ipo-glicemia (basso livello di zuccheri nel sangue) che si manifesta spesso con un senso di affaticamento e debolezza e spinge a consumare altro zucchero. Il livello glicemico si alza di nuovo, l’insulina è rilasciata, il picco si abbassa, la stanchezza ritorna e il desiderio di dolce si ripresenta. S’innesca così una vera e propria altalena di picchi glicemici che, se si ripete quotidianamente e senza controllo, può diventare una delle cause di problemi metabolici, di sovrappeso, di obesità e di diabete.

Cosa mangiare dunque a colazione per saziare e nutrire il fisico opportunamente, accontentando al tempo stesso gli occhi e la psiche (sì perché anche questo aspetto è importante :-), almeno tanto quanto il corretto apporto di nutrimenti)? Di alternative ce ne sono diverse, sia dolci che salate. Per il momento ho sperimentato solo quelle dolci, perché al mattino il gusto del salato non mi attira (ma chissà che non cambi idea) e oggi vorrei parlarvi di un’opzione che trovo particolarmente adatta per l’estate, quando si ha voglia di cose fresche e succose e la natura abbonda di frutti deliziosi.

La mattina è uno dei momenti ideali per assumere frutta e favorire il processo di eliminazione iniziato durante la notte. Abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. La frutta lava, pulisce, nutre. Se è fresca, locale e di stagione, fornisce un prezioso carico di vitamine, minerali ed energia. Naturalmente dev’essere ben lavata e mangiata con la buccia (a condizione che sia biologica, altrimenti si fa il pieno di pesticidi!), dove la maggior parte di queste sostanze sono concentrate. E con i suoi brillanti colori, la frutta porta anche tanta allegria in tavola, facendo la gioia di grandi e piccini. ;-) Ecco qui la mia ricetta base.

Ingredienti:

1 banana (o una mezza banana) molto matura (buccia sottile e con macchioline nere per intenderci) schiacciata con una forchetta

1-2 frutti (o più, a piacere) di stagione ben maturi (albicocche, prugne, fichi, fragole, pere, mele o quello che c’è)

1-2 frutti secchi reidratati (messi in ammollo la notte precedente)

1 spolverata di farina di carrube o di cocco in scaglie o di cannella macinata (se non fa troppo caldo)

In un piatto o in una ciotola disponete la banana schiacciata e il resto della frutta a pezzetti, cospargete con polvere di carrube o scaglie di cocco o cannella macinata, ed è fatto!

L’abbinamento di frutta fresca e secca non è necessario e forse si addice di più alla stagione fredda, quando si ha bisogno di alimenti più calorici e c’è meno varietà di frutta fresca. A me piace quest’associazione perché aumenta il gusto del dolce, che amo particolarmente al mattino, forse per abitudine o per una necessità fisica. Anche la cannella è una spezia che si utilizza molto di più in inverno perché riscalda, ma io la amo così tanto che a volte la metto nei miei piatti anche durante le calde giornate estive.

È buona abitudine reidratare la frutta secca (qualunque sia il momento della giornata in cui l’assumete), in modo da aumentare l’apporto di fibre e liquidi che facilitano il transito intestinale. Al contrario, consumarla senza reidratarla può creare problemi di stipsi, perché la frutta secca assorbe parte dei liquidi presenti nell’intestino e rende le feci troppo compatte. Si può anche bere l’acqua dell’ammollo, che assume un sapore leggermente zuccherato e, a mio parere, gradevolissimo.

Se si avverte la sensazione di fame durante la mattina, si può fare uno spuntino scegliendo tra: un centrifugato fresco di frutta e verdura oppure un po’ di frutta fresca (o secca) oppure una manciata di frutti oleosi reidratati durante la notte (per esempio mandorle, noci, nocciole, noci del Brasile… ehm, non sono proprio a km 0 ma sono deliziose e quindi ogni tanto non resisto alla tentazione di comprarle…) e la stanchezza sarà presto superata. Si eviterà così di arrivare all’ora di pranzo con una grande sensazione di fame.

È bene non associare i semi oleosi alla frutta fresca o secca perché, essendo ricchi di proteine, rallentano la digestione degli zuccheri semplici della frutta e possono causarne la fermentazione.

Chi ha problemi di fegato, sovrappeso e/o diabete dovrà fare attenzione a non esagerare con la frutta secca, le noci e i semi oleosi, preferendo invece la frutta fresca e acquosa, soprattutto quella meno ricca di zuccheri.

A me piace molto provare le combinazioni più svariate, cambiando tipo di frutta ogni giorno, a seconda della stagione e di quello che ho a disposizione. Questo sia per un fatto psicologico – adoro sperimentare e scoprire nuovi sapori – e anche fisiologico, per non abituare il corpo a ricevere sempre gli stessi alimenti. Per non mescolare troppe cose e affaticare la digestione, preferisco scegliere un solo tipo di frutta fresca e uno solo di frutta secca, ma naturalmente ciascuno troverà il suo mix ideale.

Si può accompagnare il tutto con una grande tazza di acqua calda e succo di limone o con una buona tisana, meglio ancora se bevuta mezz’ora prima di fare colazione.

In estate, una ricca colazione a base di frutta si addice praticamente a tutti. In inverno invece devono fare attenzione le persone con poca vitalità che metabolizzano male gli acidi deboli della frutta e rischiano di demineralizzarsi se non prendono opportune precauzioni. Ma di questo parlerò in un altro post, magari all’arrivo della stagione fredda…

Per ora vi auguro una buona e ricca colazione e una felice giornata di sole. :-)